LA MAMMA BLOGGER CHE AVVELENÒ IL FIGLIO PER AVERE PIÙ FOLLOWERS

Dipingendosi come una madre amorevole e paziente, sui social, inteneriva i suoi tantissimi followers raccontando la battaglia del figlio contro una misteriosa malattia, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “madre coraggio”. Ma Lacey Spears, la mamma blogger, era tutt’altro.

Come disse Patricia Murphy, assistente del procuratore distrettuale: “Desiderava l’attenzione della sua famiglia, dei suoi amici, dei suoi colleghi, della gente. Il motivo è bizzarro, spaventoso, ma esiste”. Dunque cercava attenzione e compassione e la ottenne, anche se a spese del piccolo Garnett di 5 anni. Morto per avvelenamento da sale da cucina che la madre gli somministrava tramite una sonda gastrica e che portava il cervello del bambino a dilatarsi.

E il tutto accadeva mentre su Facebook, Twitter, MySpace e un blog personale, la donna tra una foto e l’altra, vestendosi da madre single forte e amorevole, apparentemente devota al suo unico figlio, accresceva il numero dei suoi fan con la menzogna.

Aveva mentito anche sulla paternità del bambino, dichiarando che il padre era un agente di polizia di nome Blake, morto in un incidente d’auto, così come aveva mentito a Chris Hill, il presunto padre biologico, dicendogli che il bambino non era suo. Dunque tutto era una menzogna.

E la verità venne a galla solo quando per il bambino non ci fu più nulla da fare. Nel gennaio del 2014, ricoverato d’urgenza in ospedale per un “sospetto virus”, i medici si accorsero di alti livelli di sodio nel sangue.

La donna fu condannata a soli 20 anni di carcere in quanto risultò affetta dalla “sindrome di Munchhausen per procura”, un disturbo mentale che affligge i genitori, principalmente le madri, che li porta ad arrecare danni ai figli al fine di attirare l’attenzione.

Termina dunque con un infame omicidio e il carcere la carriera social di Lacey Spears, la mamma blogger che per portare avanti la battaglia contro la malattia del figlio che lei aveva volutamente causato, aveva anche scelto uno slogan che ad oggi risulta abbastanza inquietante: “La guarigione richiede coraggio, e tutti noi abbiamo coraggio, anche se dobbiamo scavare un po’ per trovarlo”.